Vito e Stefano Margiotta, rispettivamente padre e figlio, si occupano di agricoltura da generazioni. Sono molto conosciuti nella zona per le loro produzioni genuine e per l'attività nel tessuto sociale e culturale.
Stefano ha seguito le orme del padre in campagna: non è facile trovare ragazzi giovani come lui dediti all’agricoltura, ma ancora più difficile è che siano dei così profondi e appassionati conoscitori delle varietà locali, delle loro modalità di semina e coltivazione.
Cicoria, cime di rapa e ogni tipo di colture estive e invernali, non hanno segreti per loro. Detentori di antichi saperi, conoscono il calendario agricolo delle semine, che un tempo (e in parte anche ora) segue le commemorazioni dei santi e le feste patronali: per esempio, ci raccontano che la 'Cicoria di Galatina' veniva seminata nei giorni di S.S. Pietro e Paolo e messa a dimora il giorno di San Donato, mentre con i primi freddi di settembre iniziava a ingrossarsi.
Adesso però tutto è cambiato: il caldo prolungato causa la fioritura precoce delle piante, per cui non conviene più fare semine anticipate.
Le cicorie, continuano Vito e Stefano, si dividono in due tipi: le invernali e le estive. Le invernali si seminano dopo S.S. Pietro e Paolo; tra le estive invece le prime sono le cosiddette 'Brindisine', che sono precoci e fanno getti lunghi, seguono le 'Leccesi' che sono a metà tra le 'Otrantine' e le 'Brindisine', e a giugno arrivano le 'Otrantine'. La quantità di acqua incide tantissimo sul sapore del prodotto finale: meno acqua ha la pianta, più sarà amara.
Vito e Stefano sono tra i pochi agricoltori che riproducono autonomamente quasi tutte le colture. Prima, ci dicono, ognuno aveva la sua varietà e faceva il semenzaio. Adesso è diverso, i vivai si occupano di tutto, perciò gli agricoltori non hanno più la “loro” varietà.
Un’altra informazione importante che Vito e Stefano ci danno è lo stretto legame tra agricoltura e territorio. Più di ogni cosa, l’acqua influenzava le modalità e le tipologie di prodotto coltivate. Ad Otranto, area ricca di acqua, gli agricoltori potevano irrigare, mentre a San Cesario, dove invece c’erano principalmente pozzi sorgivi, si poteva irrigare fino all’inizio dell’estate. Si puntava quindi a varietà precoci perché poi ad un certo punto l’acqua non c’era più.
Era zona “di foglia”, ci dicono, per via della terra friabile e leggera, quindi di bietole, cavoli, verze, spinaci, mentre ad esempio Galatina era ricca di terre profonde e più adatta a rape e cicorie. Per questi motivi a San Cesario gli agricoltori erano sia produttori che commercianti, perché si approvvigionavano di altri prodotti dai paesi della provincia.
Vito e Stefano ci insegnano che parlare di cibo e agricoltura vuol dire restituire una lettura storica e antropologica del territorio.
Specie
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