La figura del seed saver, letteralmente “salvatore di semi”, è piuttosto sfaccettata. 

Per definizione è un cercatore e custode di antiche varietà locali a rischio di erosione genetica. Può essere un agricoltore di nuova generazione con la passione per il recupero di risorse locali, oppure l'anziano agricoltore che custodisce gelosamente il suo patrimonio vegetale, così come può essere l’hobbista che, coltivando ortaggi e specie agrarie per uso personale, si appassiona alla ricerca di genotipi sempre più difficili da trovare. Un seed saver può infine essere anche uno scambiatore di semi, colui che non solo raccoglie e custodisce, ma scambia e distribuisce semi per diffondere il più possibile germoplasma locale e scongiurarne l’abbandono. 

Ciò che accomuna tutte queste persone è certamente la passione, ma anche, il far parte di una rete, in cui prima o poi viene inglobato anche il più schivo degli agricoltori.

Capita quindi che, entrando in contatto con un seed saver, a catena se ne incontrino molti altri. Lo scambio di informazioni su diverse varietà orticole effettuato recentemente con Donato Palmisano ha generato l’incontro con il protagonista di questa storia, Martino Solito. Lo abbiamo incontrato nel suo studio di Martina Franca (TA) - perché Martino è prima di tutto geometra - dove ci ha raccontato la sua passione per le materie agrarie. È, infatti, appassionato di specie vegetali edùli, spontanee e coltivate, di dialetti e tradizioni locali: conserva le prime coltivandole nel suo orto familiare, gli altri con la stesura di libri e altri prodotti editoriali.

Durante la nostra chiacchierata, abbiamo parlato di specie da orto invernale e da orto estivo; di specie da foglia che garantiscono la presenza in tavola di verdura cotta anche quando l’orto non offre altro; di varietà che coltivava il padre e anche il padre del padre, i cui semi sono conservati dalla sua famiglia di generazione in generazione. Sono stata testimone di un intreccio di modi di dire, nella versione dialettale e italiana, di ricordi tramandati dai genitori di entrambi i miei ospiti, passando dalle cicorie di Martina (la 'Cicoria bianca di Martina' e la 'Cicoria riccia') alla 'Cima di rapa di Martina' (che forma asse principale e assi secondari quasi contemporaneamente), dai fagiolini “pinti” (che formano i baccelli eretti verso l’alto, perciò ben evidenti sulle piante) ai pomodori (il 'Giallo', con polpa arancio intenso, serbevole e adatto alla conservazione invernale, e il piccolo rosso 'Principe Borghese', conservato da 40 anni nella famiglia di Martino Solito) fino alla 'Pagnottella di Martina', melone immaturo i cui semi sono in famiglia da circa 100 anni, caratterizzata da una polpa più morbida e più dolce del 'Barattiere di Fasano'. 

Martino Solito ci ha raccontato che l’orto invernale di quest’anno ha più di 600 piante, con esclusione delle fave che non ha ancora seminato. 

E, a proposito di fave, forse Donato ha finalmente trovato  la ricercatissima 'Fava nas n' cul', così denominata per il fatto che i semi sono così accostati nel baccello da avere una conformazione quasi quadrata sul lato corto, tanto da consentire al seme di mantenersi stabilmente in verticale. Alcune piante sono prodotte da lui con semina diretta, altre procurate dall’amico “ortolano” (nel senso di produttore di piantine da orto); quest’ultimo ha più di 90 anni, segue attentamente le stagioni e le epoche di semina, conserva tutte le varietà in suo possesso da decenni. Ho infatti scoperto che il 'Cavolo di Martina', che abbiamo recuperato e caratterizzato nel campo BiodiverSO lo scorso anno, proveniva da questo ortolano, avanti con gli anni e prezioso custode di semi.

Non resta che fare una visita in campo sia nell’orto di Martino Solito sia in quello dell’amico novantenne. Vedremo se riusciremo a “mettere in rete” questo altro prezioso anziano custode della biodiversità orticola.